lunedì 16 luglio 2012

Ispra, gli equilibri ambientali cambiano

Qualche spiraglio di ottimismo c’è nell’analisi dei dati ambientali presentati il 5 Luglio scorso dall’Ispra per il 2011. Ma i passi da fare sono ancora tanti. E’ in crescita il consumo del suolo, a livello nazionale ogni giorno si occupano più di 100 ettari di terreno, la superficie impermeabilizzata copre più del 6% dell’intero territorio nazionale con gravi conseguenze per l’equilibrio idrografico. E’ più evidente in Lombardia, Veneto e Campania in prossimità delle aree urbane, sulla costa e lungo i principali assi stradali. Cambia l’assetto delle linee di riva superiori a 10 metri e aumentano i tratti di costa in erosione.

Dal 2000 al 2007 sono andati persi 600.000 metri quadri di spiaggie. Cresce il numero dei litorali stabilizzati artificialmente, 250 sono stati gli interventi realizzati nell’arco dello stesso periodo, insieme a 16 km di nuove scogliere e più di 1 km di opere radenti. E’ in pericolo la biodiversità : oltre il 50% dei vertebrati (pesci d’acqua dolce,anfibi e rettili), il 15% delle piante superiori e il 40% di quelle inferiori, rischiano di sparire. I maggiori danni sono attribuibili ad azioni antropiche, in particolare : l’uso di pesticidi, inquinamento delle acque, taglio dei boschi, incendi. Ma anche bracconaggio e pesca illegale.

 E’ in crescita la produzione di rifiuti urbani che nel 2010 si attesta a 32,5 milioni di tonnellate (+1,15% rispetto al 2009), con un procapite dei rifiuti urbani pari a 536 kg. Ma soprattutto è evidente il divario che si registra tra diverse aree del Paese nella raccolta differenziata. Le maggiori percentuali di raccolta si rilevano per il Veneto e il Trentino Alto Adige entrambi con tassi superiori al 57% (58,7% e 57,9%) e per il Piemonte e il Friuli Venezia Giulia con tassi vicini al 50% (50,7% e 49,3%). Valori lontanissimi da quelli ottenuti in molte zone del Mezzogiorno. La Sicilia, maglia nera, si ferma al 9,4%, la Calabria al 12,4%, il Molise al 12,8% e la Basilicata al 13,3%. Migliora la qualità dell’aria: biossido di zolfo, ossido di carbonio, benzene e piombo, non costituiscono attualmente un problema   ̶ secondo l’Ispra ̶  se non a livello locale e in specifiche circostanze mentre continua, invece, l'emergenza per pm10, pm2,5 ed ozono(O3), anche se il 2010  segna un valore positivo per il pm10. Infatti, oltre la metà delle stazioni di monitoraggio presenti sul territorio (58%) registra valori al di sotto dei limiti. La fonte principale di inquinamento atmosferico per il pm10 si conferma il settore civile (45%), seguito dai trasporti con il 24% (di cui poco più dei 2/3 provenienti da quello stradale), dall'industria (15%) e dall'agricoltura (9%). Situazione diversa per l'ozono estivo (O3).

  Nel 2011 (da aprile a settembre compresi) l'obiettivo a lungo termine per la protezione della salute umana (120 micorgrammi/m3) non è stato superato solo nell'8% delle stazioni. Interessanti sono i dati climatici: con il 3,5% delle emissioni totali di gas ad effetto serra passando, tra 1990 e il 2010, da 519,25 milioni a 501, 32 di tonnellate di CO2 equivalente. In base al protocollo di Kyoto, si dovrebbe portare le emissioni al 6.5% ossia pari a 483,26 mtco2eq con periodo di riferimento 2008-2012. Siamo lontani dagli obiettivi prefissati ma un aiuto viene dalla trasformazione del settore energetico, dal mix delle fonti primarie che non ha comunque ridotto l'elevata dipendenza energetica del nostro paese, che passa dall'82,8% del 1990 all'82,1% del 2010.



 

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