L'autore, Nicola Mastronardi |
Un percorso lungo le valli e i monti dell’Alto Molise, della Marsica, della Conca Peligna.
E’ questo “Viteliù- il nome della Libertà”. E’ questo il romanzo storico d’esordio di Nicola Mastronardi, scrittore e saggista di Agnone, autore di “Gheddafi, la rivoluzione tradita”, “I Giganti Verdi- Immagini e suggestioni sui tratturi del Molise”. E’ questo il risultato di ricerche
durate almeno sette anni e disponibile in tutte le librerie da dicembre.
A guidarci nel viaggio è un vecchio cieco spinto da un incubo proveniente dal passato a riprendere in mano il proprio destino e quello di suo nipote salvato dalle stragi dei sicari di Silla. Sulla sua anima di capo supremo, il peso della distruzione del suo popolo martoriato, di cui tenterà di riscattare almeno la memoria. Così, accompagnato dal nipote ritrovato nei meandri di Roma, intraprenderà un viaggio, che diventa un percorso emotivo e di riscoperta di una identità che rischiava di essere perduta. Solcheranno insieme il territorio, la valle e il Fucinus Lacus, che si estendono intorno ai monti Velino e Sirente. Attraverseranno Lucus Angitiae, l’attuale Luco dei Marsi, Marruvium, oggi S. Benedetto dei Marsi, Cocullo, Sulmona, e poi l'altopiano delle Cinque Miglia fino alla valle del Sangro. Incontreranno le vette della Montagna Madre, la Majella e la sua affascinante leggenda, i riti orgiastici e fecondi di Maja, la dea della primavera e l’Herekles, il “valente soldato, il Luparo, uno dei primi tra i Marsi”, e Quinto Poppedio Silone, indomito condottiero marso, uno dei due comandanti in capo agli Italici nella Guerra Sociale contro la potenza romana. Fino alle tre rocce dell’Alto Sannio, la parte più settentrionale del Molise, dove si insediò la comunità genetica dei Vitelios (in osco, i figli del toro).
Mastronardi sceglie per la sua opera i diciassette anni dopo la Guerra Sociale. Lo scontro che, dal 91 a. C., vide protagonisti i popoli italici in opposizione alla oligarchia romana, uniti in una nazione, per conquistare prima diritti di cittadinanza, poi la piena indipendenza, dando un nome alla propria identità: Viteliu, Italia.
durate almeno sette anni e disponibile in tutte le librerie da dicembre.
A guidarci nel viaggio è un vecchio cieco spinto da un incubo proveniente dal passato a riprendere in mano il proprio destino e quello di suo nipote salvato dalle stragi dei sicari di Silla. Sulla sua anima di capo supremo, il peso della distruzione del suo popolo martoriato, di cui tenterà di riscattare almeno la memoria. Così, accompagnato dal nipote ritrovato nei meandri di Roma, intraprenderà un viaggio, che diventa un percorso emotivo e di riscoperta di una identità che rischiava di essere perduta. Solcheranno insieme il territorio, la valle e il Fucinus Lacus, che si estendono intorno ai monti Velino e Sirente. Attraverseranno Lucus Angitiae, l’attuale Luco dei Marsi, Marruvium, oggi S. Benedetto dei Marsi, Cocullo, Sulmona, e poi l'altopiano delle Cinque Miglia fino alla valle del Sangro. Incontreranno le vette della Montagna Madre, la Majella e la sua affascinante leggenda, i riti orgiastici e fecondi di Maja, la dea della primavera e l’Herekles, il “valente soldato, il Luparo, uno dei primi tra i Marsi”, e Quinto Poppedio Silone, indomito condottiero marso, uno dei due comandanti in capo agli Italici nella Guerra Sociale contro la potenza romana. Fino alle tre rocce dell’Alto Sannio, la parte più settentrionale del Molise, dove si insediò la comunità genetica dei Vitelios (in osco, i figli del toro).
Mastronardi sceglie per la sua opera i diciassette anni dopo la Guerra Sociale. Lo scontro che, dal 91 a. C., vide protagonisti i popoli italici in opposizione alla oligarchia romana, uniti in una nazione, per conquistare prima diritti di cittadinanza, poi la piena indipendenza, dando un nome alla propria identità: Viteliu, Italia.
La scintilla della guerra arrivò da Ascoli Piceno, dove la popolazione trucidò tutti i romani presenti in città. A questo punto, i dodici popoli dei Vitelios si unirono, radunando centomila soldati, formando un parlamento e stabilendo la propria prima capitale a Corfinium, nel territorio peligno, che chiameranno Italica. Si scontrarono contro gli uomini di Lucio Cornelio Silla, esponente dei Conservatori del senato romano. Il suo scopo era annullare i diritti concessi ai Vitelios e soprattutto cancellare l’etnia Sannita dalla faccia della storia tentando un genocidio e la damnatio memoriae nei confronti della indomita tribù dei Pentri. Viteliù restituisce voce ad otto secoli di storia italica completamente ignorati dai volumi scolastici del Novecento, figli dell’epoca fascista nella quale Roma imperiale doveva prevalere su tutto il resto.
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